Il Metodo KO Stress
Scrive Proust che «L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere occhi nuovi».
Ho deciso di affiancare un mio metodo, chiamato KO Stress, al metodo Validation.
Infatti la letteratura, e non solo la psicologia, insegna che le cose intorno a noi cambiano a seconda di come le guardiamo: è un problema di occhi, non di paesaggi.
Gli studi e le ricerche effettuate nell’ambito socio-sanitario hanno spesso dato rilievo al disagio o agli aspetti disfunzionali dello sviluppo individuale e sociale. Poca attenzione è stata rivolta alle parti sane e funzionali che sostengono e promuovono lo sviluppo personale e l’integrazione nella società.
Nell’ultimo ventennio la ricerca, grazie alla diffusione della Psicologia della Salute e della Psicologia Positiva, si è sempre più interessata alle varie forme del vivere bene, dunque al raggiungimento del benessere e della felicità, non solo come aspirazione di ciascun individuo.
Ogni persona ha la possibilità di scegliere di “vivere bene”, nonostante tutto, ma è chiamata in causa la globalità delle sue forze e la sua determinazione.
In questi ultimi decenni come non accadeva da tempo si è assistito ad un notevole aumento dello stress lavoro correlato e dello stress in generale. La Commissione Europea nel 2002 ha definito lo stress come “la reazione emotiva, cognitiva, comportamentale e psicologica ad aspetti avversi e nocivi del lavoro dell'ambiente di lavoro e dell'organizzazione del lavoro.
E' uno stato caratterizzato da alti livelli di veglia e di angoscia e spesso di sentirsi inadeguati, incapaci a sostenere il peso della situazione”. Nonostante il notevole impegno attivato ormai da diversi decenni dalle organizzazioni nazionali ed internazionali nel tentativo di ridurre, o almeno contenere, il danno dovuto allo stress in ambito lavorativo, il fenomeno permane su livelli di emergenza.
In base ad un’indagine sulle condizioni di lavoro nell’UE, promossa dalla Fondazione Europea per il Miglioramento delle Condizioni di Vita e di Lavoro[1], lo stress lavorativo risulta essere la condizione maggiormente percepita in associazione con il deterioramento della salute dal 30% dei lavoratori, con maggiore prevalenza tra i colletti bianchi (36%) rispetto ai lavoratori manuali (23%).
E’ possibile cambiare rotta? Si può vivere bene con una soglia di stress considerata “accettabile”?
Il Dott. Antonovsky afferma che: “lo stress è un fenomeno inevitabile, la vita quotidiana è continuamente soggetta ai micro o macro agenti stressanti che impediscono alla persona di raggiungere uno stato ipotetico di equilibrio omeostatico; ciò nonostante, le persone, in larga maggioranza, riescono a mantenere un rapporto equilibrato con l’ambiente e in alcuni casi, anche nelle circostanze più sfidanti, riescono a svilupparsi, a crescere ed a conseguire livelli sempre più intensi di benessere”[2].
La diversità delle risposte allo stress è da ricercare dentro questa variabilità di orientamento e di abilità personale nel perseguire il proprio benessere entro le particolari circostanze della vita, bisogna anche tener conto che la qualità dei contesti di vita è rilevante nel favorire o meno tale orientamento personale.
Perché è dunque utile unire il metodo Validation a tecniche di gestione dello stress?
Prendersi “cura” di una persona affetta da demenza richiede un notevole investimenti in termini emotivi e spesso anche “energetici”. La promozione della salute acquista un valore preponderante oltre che per la società in generale anche nei luoghi socio-sanitari o presso il domicilio, attraverso strategie identificabili nelle azioni dirette a individuare e rafforzare le risorse necessarie alle persone per far fronte allo stress.
[1] European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions. Work-related stress 2007.
[2] Antonovsky A. The salutogenic model as a theory to guide health promotion. Health Promot Int 1996; 11: 11-8
Una volta che accettiamo i nostri limiti li accettiamo.
Albert Einstein
A chi si rivolge
Il percorso è pensato per tutti coloro che sentono la necessità di “ricaricare la batterie” poiché spesso la relazione con la persona colpita da fragilità cognitiva, tende a richiedere molto dal punto di vista energetico.
I corsi sono quindi rivolti sia a caregiver formali che ai familiari di chi soffre di demenza e, più in generale, a tutti coloro che entrano in contatto con una persona fragile.
Come impararlo
Tutti i percorsi si basano sul “fare”, è importante prendere da subito dimestichezza con alcune tecniche di gestione dello stress; sperimentandole fin da subito in aula.
Il focus di ogni giornata formativa è “portarsi a casa” strumenti nuovi per migliorare la propria qualità di vita attraverso azioni quotidiane che non richiedano troppo tempo.
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